Davanti al cancello di Trigoria cinque ragazzine sfidano la pioggia e ci chiedono quando esce Mexes: «Se è impegnato per l’intervista farà tardi. Può portargli questa rosa da parte mia?». La rosa è tinta di blu e con la pioggia stinge. Mexes è uno dei beniamini dei tifosi, lo è al di là del fatto che sia un bel ragazzo. Lo è perché ha sempre dimostrato di avere un alto senso di appartenenza, perché ha firmato il rinnovo del contratto in un’ora, non è stato tanto a pensare che da altre parti avrebbe potuto guadagnare di più. Anche oggi quando parla del suo futuro assicura che a Roma sta bene e non se ne vorrebbe mai andare.
Poi domenica è tornato a Roma ed è andato in discoteca. Le va di parlarne?
«Certo. Ho preso una cintata in faccia. Ecco, vede? Questi sono i segni che mi sono rimasti sullo zigomo. Una bella botta, poteva andarmi anche peggio, perché è proprio vicino all’occhio. Però in fondo non è rimasto granchè. Ero stato in discoteca dopo una partita, il giorno dopo non ci sarebbe stato allenamento, avevo il permesso di mia moglie. Se ero fuori a quell’ora è solo perché il giorno dopo non dovevo andare a Trigoria. Aspettavo la macchina dei miei amici e stavo fuori. Sento uno che mi fa i complimenti. Era della Roma. Altri della Lazio dicevano altre cose e non erano complimenti. Poi uno mi ha mancato di rispetto in mezzo alla strada e ho reagito. So che ho sbagliato, ma non ce la facevo più. Qualche spinta, nessuna conseguenza, a parte questi due piccoli segni. Ho sbagliato perché io avevo tutto da perdere in questa storia. Comunque ormai è acqua passata».
Cosa le è rimasto di questa storia?
«Io penso che il fatto che fossero tifosi laziali non c’entra niente e che poteva succedere a prescindere dalla rivalità cittadina che a Roma è molto sentita. Credo che ci sia rispetto, dentro la discoteca ho salutato Zauri, che è stato mio avversario nel derby. Ma io ho una famiglia e certe parole faccio fatica ad accettarle. Però non vorrei che succedesse un episodio simile con un altro calciatore, in questa vicenda il calcio c’entra marginalmente. A volte mi è capitato anche che tifosi laziali mi abbiano fatto i complimenti, erano persone mature. In una discoteca possono esserci tifosi di altre squadre e una situazione del genere può capitare dovunque».
L’ultimo pensiero, la finale di Champions League a Roma.
«Non puoi non pensarci. Quando vedi la Coppa con il Colosseo sullo sfondo ti vengono i brividi. È importante non farci condizionare. È un sogno che avevo da bambino. Ci siamo, ci aspetta l’Arsenal, è ancora tutto in palio e ce la giocheremo fino alla fine».
Fonte: Corriere dello Sport di Guido D’Ubaldo
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