Le difficoltà d’inserimento del brasiliano. E la squadra non lo aiuta
Era il Messia, adesso non solo non cammina sulle acque ma incespica davanti a un pallone che balla davanti alla linea di una porta ormai sguarnita. Diego scuote il capo e ammette: «Qualcosa non va». E’ l’immagine di una Juventus che si è smarrita nei meandri del Progetto (la parola è di moda). Qualche sprazzo, una straordinaria partita con la Roma e poi tanto sudore inutilmente sprecato. Perché il ragazzo si impegna, lavora per il bene collettivo ma non incide. E questo preoccupa perché ai suoi piedi pagati 12,25 milioni cadauno la società bianconera aveva affidato il compito della definitiva rinascita, il salto di qualità: da comprimari a protagonisti come storia e tradizione impongono. Ma per ora i conti tecnici non tornano. E’ lui che non ha ancora capito il calcio italiano o è la Juventus che ancora non lo ha messo nelle condizioni di offrire il meglio alla sua nuova squadra e ai suoi nuovi tifosi? E’ come interrogarsi se sia nato prima l’uovo o la gallina. E se fossero nati insieme? Perché è evidente: Diego non è in un grandissimo momento di forma: fatica a saltare l’uomo e anche il gol sbagliato l’altra sera è la spia di una reattività appannata. Viene dal Brasile, ha giocato a lungo in Germania: anche Platini incontrò qualche difficoltà ad ambientarsi. Lui, poi, ha sofferto problemi fisici, la sua preparazione è andata avanti un po’ a singhiozzo. Cose che si pagano in stagione, soprattutto quando il calendario degli appuntamenti si fa più fitto e le partite più tirate e combattute. Le lacune della condizione fisica emergono, i dettagli finiscono per risultare decisivi.