Calcio Italiano Serie A Udinese, presentato Del Neri: «Qui per dare il massimo»

Udinese, presentato Del Neri: «Qui per dare il massimo»

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Giornata di presentazione in casa Udinese, con Gigi Del Neri che si siede sulla panchina bianconera, dopo essere stato giocatore bianconero dal 1978 al 1980. Queste le sue prime parole.

Finalmente sulla panchina dell’Udinese. Emozioni?
Luigi Del Neri“Devo ringraziare la famiglia Pozzo di questa opportunità. Era tanto tempo che ci inseguivamo. Ora è il momento giusto. E’ una bella occasione che mi riporta nella mia terra, a vestire, anche se idealmente, il bianconero, come fatto da giocatore. Quando si assemblano alcuni giocatori nuovi, possono esserci delle difficoltà. A me preme salutare Beppe Iachini e gli auguro di poter rientrare preso nel mondo del calcio. Voglio valorizzare il suo lavoro, dando però la mia impronta, in maniera dinamica, perché sullo scritto il calcio è fatto di numeri, ma nel reale è fatto di organizzazione. Io punto a quello ed è da quello che ripartiremo. La struttura dell’Udinese è di livello importante. Ci sono poche società che possono avere a disposizione quello che c’è qui per ottenere risultati; la società ha lavorato molto bene e questo è un punto di partenza importante. Ognuno ha le sue idee, ma sono variabili. Penso che si possa fare un ottimo lavoro con i giocatori che abbiamo a disposizione. Dobbiamo far adattare i nuovi, valorizzare chi già c’era e far uscire le loro grandi potenzialità”.

Su quali punti bisogna lavorare dal punto di vista tecnico e tattico?
“Sono sempre stato uno che ha sempre creduto nella specializzazione del giocatore. Cercheremo di dare un apporto tattico alla squadra, che generalmente sarà sempre a 4. Cercheremo di lavorare sulla squadra e al contempo sui singoli, per far rendere ogni giocatore al massimo della sua qualità. I giocatori che ho a disposizione possono essere adattati a diverse soluzioni, e noi dovremo trovare la migliore possibile”.

Sembra che il pubblico abbia finito la pazienza. Si sente di dover recuperare questo rapporto?
“L’apporto della tifoseria è importantissimo. E’ chiaro che l’abbinamento tifoseria-giocatori-società è fondamentale. Il tifo lo si riavvicina dando il massimo in campo, anche nelle sconfitte. Se crei gioco, situazioni da gol, impatto, la tifoseria ti viene sempre dietro. Cercheremo di dare ai tifosi una squadra con una facoltà positiva; una squadra che magari rischia un po’ di più, ma che va al di là della sola organizzazione difensiva. Cercheremo noi di andare a prenderci i tifosi. Questo è il nostro dovere principale”.

I suoi capolavori sono sempre arrivati con il 4-4-2, vero?
“No, non sempre. Dipende. I 4 difensori sono una mia prerogativa, ma non il 4-4-2. A Bergamo giocavamo con il trequartista, Doni. Abbiamo sempre lavorato su giocatori diversi, con caratteristiche precise. A Bergamo era un 4-2-3-1, con la forza di Valdes e Ferreira Pinto, e Padoin in mezzo al campo. L’importante è trovare l’equilibrio, sapersi difendere e trovare la pericolosità giusta. Il campo è grande ed è necessario trovare l’ampiezza in fase offensiva, così come essere stretti in fase difensiva. E’ l’organizzazione che porta al risultato”.

Ha già un’idea di modulo?
“Potremo dare i numeri, 4-3-3, così come 4-2-3-1, 4-1-4-1 o 4-5-1. Sono tutte situazioni simili; la base è insegnare ai giocatori i ruoli da fare. Qui ci sono giocatori eccezionali; Thereau, anche se non sembra, corre 11 km a partita, quindi può fare tanti ruoli”.

Arriva subito il ritorno al passato con la Juve. Cosa si aspetta?
“L’impegno con la Juventus è il più facile. Vorremo provare a metterli in difficoltà, pensando anche a sorpassare ogni tanto la metà campo, quando loro ce lo permetteranno. La Juve detterà i tempi, ma noi non dovremo rinunciare a difenderci. Adesso è la difesa che determina il baricentro in campo; non è più come 40 anni fa, quando si andava a protezione del fortino. Oggi le distanze sono diverse; se lavori su meno metri di campo, hai meno spesa di energia”.

Lei sente una doppia responsabilità qui?
“Certo che sì. Essere profeti in patria è sempre duro, ma la gente friulana riconosce il lavoro. Questo mi dà modo di esprimermi al massimo. Nessuno mi potrà dire che non lavoro. Ho la mentalità friulana; ho assorbito questo dalla mia regione. E’ forse questo che mi ha permesso di fare il giocatore prima e l’allenatore poi. Sono venuto qui per dare il massimo, con la cultura della mia regione. Posso metterci la mano sul fuoco senza bruciarmi”.

Lei veniva, da calciatore, soprannominato luce. Spera di poterlo essere anche da allenatore?
“La società sta cercando di creare un tipo di discorso per avere le prerogative giuste per il futuro. La provenienza di giocatori di diverse regioni italiane già presuppone diversità di approccio allo stesso. E’ un discorso paragonabile alla provenienza di diverse nazioni del mondo. La cosa che conta è che tutti sono accomunati dalla passione del calcio. Dobbiamo trasmettere loro le basi della cultura del calcio italiano e a farle assorbire bene. Bisogna dare imput precisi sull’aggressività, sul gioco di squadra e su altre cose. Tutti si giocheranno il loro posto, anche se parto con idee abbastanza chiare. Ognuno può conquistarsi il posto con applicazione e con il lavoro. Poi il tutto dovrà essere condito da un po’ di fattore C, per darci risultati positivi. Queste teorie le metteremo subito in campo, per accelerare il più possibile questo processo di assemblaggio della squadra”.

Quale può essere la stella dell’Udinese?
“Facciamo che sono tutte stelle allo stesso modo, oppure non c’è una stella. Qui c’è un gruppo di giocatori che deve pensare a giocare per se stessi e per i compagni. Conta lo spirito di squadra, e devono farlo anche le stelle, che siano tecniche, dinamiche o di spogliatoio. Speriamo che la vera stella sia la squadra. Giovani? Ce ne sono tanti che mi hanno impressionato, ma più di tutti Fofana, detto parlando dall’esterno, ben inteso. Anche Penaranda è impressionante per passo, ma non dimentico nemmeno i giocatori esperti come Thereau, Zapata, Danilo, Felipe e altri”.

A maggio cosa non è andato?
“A quel tempo non c’erano le condizioni. Ora mi sembrava la scelta giusta e ho avallato l’offerta della società, che crede che io possa dare un senso logico alla situazione. Era ora che io dessi la possibilità a me stesso di lavorare in un ambiente che conosco. Dal punto di vista emotivo in questo momento questa era la migliore scelta che potessi fare. Faccio una promessa di impegno totale, e nessuno potrà dire che noi usciamo dal campo senza aver sudato la maglia, che è la cosa peggiore che si possa dire a chi fa calcio. Speriamo che un domani usciremo tra gli applausi a prescindere dal risultato, sperando che sia sempre positivo. Bisogna correre di più e giocare di qualità. Se non corri tanto e bene, è difficile giocare a calcio”.

Questo è per Lei un sogno realizzato. Che ne pensa di Hallfredsson?
“L’anno scorso avevamo a Verona una tipologia di gioco non molto utile alle sue caratteristiche. E’ un giocatore che ci potrà essere utile. E’ un ragazzo che se merita di giocare, gioca. Qualcuno resterà fuori anche se meriterà di giocare, perché si gioca in 11. Tornando a me, sì, è un sogno che si realizza. Anzi, è il secondo atto del sogno che si realizza. Spero che duri di più di quanto è durato quello da giocatore. Poi se non sarà così, sarà sempre lo stesso il rapporto che ho con questa squadra, per me importantissima”.

Qual è il vero valore di questa squadra?
“Noi proviamo ad arrivare più in alto possibile. Nel recente passato l’Udinese ha ottenuto grandi risultati. Io spero che questa squadra, che ha un mix giusto tra giovani ed esperti, possa fare bene. I giovani devono essere inseriti in un contesto tale che possa aumentare il loro rendimento nella posizione più adatta a loro. Dobbiamo abbinare a questo anche la giusta intensità. Il calcio non è fatto solo di tecnica, ma anche di altro. E’ fatto di sicurezze di ruolo, di rischiare, non in fase difensiva, di poter esprimere qualità, visto che il grande lavoro di Gianpaolo Pozzo ci ha messo a disposizione quanto di meglio possiamo chiedere per lavorare bene. Dobbiamo migliorare. Nel calcio non si smette mai di imparare”.

Si dice che sia stato scelto perché Reja chiedeva più anni di contratto…
“Non ho mai fatto contratti più lunghi di un anno. Qui ho anche l’opzione. Ho sempre voluto essere libero a fino anno di decidere cosa voglio fare. Io e Edy siamo grandi amici e non viviamo la rivalità. Io ho un senso meritocratico. Tu mi dai se io ti do, al di là del contratto, che a quest’età non mi cambia la vita”.

Conosce Balic. Come e dove lo vede?
“Abbiamo centrocampisti atipici. Lui è ancora molto giovane. Ha un ottimo fisico, gli piace giocare la palla. Ha un senso spiccato del gioco e del gol, per quanto visto dagli highlights. Lo stesso Kums ha caratteristiche molteplici. Ha anche un ruolo di entrata in attacco secondo me. Poi li conoscerò e avrò un’idea più precisa”.

Entra in un impianto spettacolare. E’ uno stimolo in più?
“Quando giocavo la situazione era davvero opposta come impianto,ma c’era un grandissimo richiamo di spettatori. Il nostro compito è chiamare i tifosi a noi. A volte lo stadio con i tifosi vicino, se tu non sei attento, può diventare un fattore negativo. Questo non deve succedere. Lo stadio nuovo deve essere un valore aggiunto nel futuro dell’Udinese. Uno stadio che dia uno stimolo importante, e che venga sfruttato positivamente. Il calcio è fatto anche per sopportare i momenti duri; bisogna abituarsi a essere sempre equilibrati e andare avanti per la propria strada, come fa ogni buon friulano”.

Quale sarà il suo staff?
“Son qui con Ferazzoli, che sarà il mio secondo. L’ho avuto come giocatore alla Ternana e ha già avuto qualche esperienza importante. Avrò tutti i collaboratori che c’erano qui, perché sono molto bravi e conoscono bene l’ambiente. Condividiamo le idee sul da farsi, sono persone professionali e ripongo molto fiducia nei miei collaboratori. Sono sicuro che mi daranno quello che io ricerco”.

Ha già idea di come intervenire?
“Molto dipende dai recuperi, soprattutto di Samir, che ho avuto l’anno scorso a Verona. Heurtaux, Danilo, Felipe, Angella sono giocatori importanti. Abbiamo Widmer da recuperare. Poi non dimentico Adnan, che ha buone caratteristiche. Diventerà un grande esterno basso di sinistra”.

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