FORSE IL CAMPIONATO non si è completamente riaperto, di sicuro non è stato scritto l’epitaffio ieri pomeriggio, quando molte congiunture (la vittoria dell’Inter e la frenata del Milan sabato, più il sospetto di bolliture latenti) lo lasciavano supporre. Nulla è deciso, tutto potrà ancora succedere, il girone di ritorno è appena cominciato, in alto i cuori che magari ci si divertirà. Per l’ennesima volta e contro qualsiasi legge biologica, a tenere viva la lotta per lo scudetto è la Juventus, tornata seconda a meno sette, distacco consistente ma accettabile con lo scontro diretto in casa. ACatania la davano per morta, complici le due sconfitte di fila con Udinese e Cagliari, l’umore vagamente depresso, l’infermeria piena, gli straordinari di Coppa Italia con il Napoli, 120 minuti di pura morbidezza.
Invece è resuscitata dalle proprie ceneri, capovolgendo persino la logica dei rapporti numerici che per 80’ l’hanno costretta a giocare in 10 contro 11. Bravo, istintivo e scellerato, Iaquinta: è stato spellato vivo dai dirigenti per la sua genuina fesseria, immaginiamo che dovrà passare pure alla cassa. Però, come Camoranesi, può consolarsi in Nazionale, perché Lippi non dimentica chi è sepolto sotto una tonnellata di naftalina ma all’anagrafe del pallone passa per essere figlio suo. Non pensiamo che quelle convocazioni all’apparenza paradossali abbiano influenzato le scelte di Ranieri, però magari lo hanno spinto a riflettere. E hanno spinto i diretti interessati a metterci la faccia. Iaquinta ha segnato un gol prima di pestare la buccia di banana e Camoranesi è stato geniale per un’oretta. Alla pari di Tiago. Tanto per capirci, l’ultima volta che l’argentino e il portoghese erano scesi in campo Barack Obama non si era ancora insediato alla Casa Bianca. Febbraio è il mese dei miracoli o c’è altro?
Ieri non ha partecipato alla festa Del Piero e nell’escluderlo l’allenatore si è assunto una bella dose di responsabilità: di questo gli va dato atto, perché prevenzione e ottusità non abitano qui. Anche senza il capitano, la squadra di Catania è stata compatta, orgogliosa, smaniosa, fortunata, aiutata dalla caparbietà di Sissoko, dalla geometricità di Tiago, dalla forza disumana di Amauri. In tre, più altri sette non hanno lasciato scappare l’Inter e tenuto in vita un sogno. Jean Claude Blanc viene dalla Francia e conosce la Juventus solo da due anni e mezzo, eppure ha capito che questa società possiede un codice genetico diverso, unico e inimitabile. Quando vince, per cosa le capita se perde e perché comunque non molla mai.
Fonte: Tutto Sport di Vittorio Oreggia
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