La brutta prestazione di Milano ha reso bollente la situazione: oggi summit tra il presidente, Marino e il tecnico
Aveva lasciato il «Meazza» prima del fischio finale di Trefoloni. Preoccupato, perplesso, nervoso. A De Laurentiis, quel Napoli presentato da Donadoni a Milano non era piaciuto per nulla: slegato, impotente, remissivo. Fino a notte inoltrata si era sfogato con il figlio Edoardo e l’amministratore della Filmauro, Chiavelli, che gli avevano fatto compagnia in tribuna d’onore ( Marino era in panchina). «Come è possibile fare una figura simile? Di chi sono le colpe? E tutti quei soldi investiti?» , ripeteva, cercando di individuare i mali di una squadra che ha racimolato quattro punti in cinque gare e subito ben dieci reti.
OGGI L’INCONTRO – Non era con l’Inter che il presidente si aspettasse chissà quale sorpresa positiva ma è stata la prestazione in sé a lasciarlo esterrefatto. Il Napoli è sembrato spento, rassegnato al peggio, in balìa dell’avversario. Non avrebbe voluto puntare l’indice contro Donadoni, tecnico da lui scelto a marzo. In realtà non l’ha fatto. Ma non gli poteva sfuggire quell’arrendevolezza della panchina dopo aver subito tre schiaffi dall’Inter; la mancanza di mordente in campo; la confusione tattica; l’impiego di talune pedine e non altre. Responsabilità anche di Donadoni, quindi. «Dovrò parlare anche con lui per capire cosa non va. Verrò a Napoli domani ( oggi, ndr) e dopo essermi incontrato con gli amministratori comunali per la vicenda dello stadio, vorrei seguire il lavoro della squadra da vicino. Confrontarmi con l’allenatore, con i ragazzi e con Marino che ha condotto la campagna acquisti. Non è il momento di farsi prendere dal panico nè prendere decisioni affrettate, il campionato è appena cominciato, la qualità dell’organico è riconosciuta da tutti. Vedremo di capire quali sono i problemi e di venire fuori da questo momento difficile» , ha detto ieri mattina arrivando a Linate, un’ora prima dell’arrivo della squadra.
POSSIAMO RIALZARCI – Ma De Laurentiis era visibilmente preoccupato. Donadoni non era riuscito ancora a dare una fisionomia alla squadra pur lavorando da mesi su quella panchina. Caratterialmente, poi, non gli era sembrato il condottiero sicuro ed autoritario che s’aspettava. Eppure era disposto ad accordargli ancora fiducia, una fiducia dettata dal rispetto per l’uomo più che per vera convinzione nell’allenatore: «Domenica giocheremo in casa con il Siena, poi andremo a Roma. Possiamo rialzarci, speriamo di riuscirvi» , commentava, imbarcandosi sul volo per Roma.